Celebrazioni scolastiche: differenze tra Italia e altri sistemi scolastici
Qualche giorno fa, ho parlato di Francesco N. del suo anno scolastico in Canada e della sua cerimonia di fine anno.
La cerimonia di fine anno scolastico, o Leaving Day, è solo una delle numerose tradizionali cerimonie che caratterizzano il sistema scolastico americano, canadese e inglese, insieme alla Graduation, per esempio.
Noi italiani abbiamo un approccio piuttosto diverso alla celebrazione delle occasioni e dei successi scolastici.
Non abbiamo cerimonie “scolastiche” vere e proprie, per esempio, ovvero eventi organizzati dalla scuola o università con il patrocinio dell’istituto scolastico e la partecipazione degli insegnanti.
La nostra è una celebrazione, più privata, persino per la laurea, con una festa di solito organizzata dallo studente stesso con amici e parenti esternamente all’università.
Valorizzare i traguardi raggiunti influisce sull’autostima di giovani e adulti
Mi ha incuriosito capire in che modo questa mancanza di abitudine nel celebrare i grandi e piccoli traguardi fin dalla giovane età possa influenzare la nostra autostima e il modo con cui ci rapportiamo agli eventi avversi della vita.
Ne ho parlato con il Dott. Pierluigi D’Alessio, Mental Coach, che del miglioramento e crescita personale ha fatto la sua mission professionale.
Ecco la nostra chiacchierata.
Pierluigi, come ti ho raccontato, recentemente ho scritto un articolo che riassume le numerose celebrazioni finali e intermedie nei sistemi scolastici di matrice anglosassone.
Ho notato che c’è un’enorme differenza tra il loro e il nostro approccio in questo senso.
Persino la promozione a fine anno scolastico viene vista come un successo da celebrare, con tanto di cerimonia ufficiale a scuola.
Un’iniziativa impensabile nelle nostre scuole. Che ne pensi?
La nostra è una cultura fondata sull’abitudine di sottolineare ciò che manca o ciò che non siamo riusciti a ottenere.
Molte delle persone che seguo mi hanno confessato di non festeggiare più il loro compleanno perché, a 50 o 60 anni, “non c’è niente da festeggiare, è un anno in meno di vita che ho davanti a me”.
Anche i tg danno sempre ampio spazio alle notizie negative e non a quelle positive.
Lo stesso avviene sul lavoro: viene inteso ancora come sacrificio e come qualcosa che non ci siamo meritati, ma di cui essere grati per il solo fatto di averlo trovato e di essere persino pagati per svolgerlo.
E questo insieme di abitudini e atteggiamenti che conseguenze ha su di noi?
L’abitudine a sottolineare o vedere evidenziare solo il negativo e la scarsità produce ancoraggi mentali.
In questo modo continuiamo ad allenare la nostra mente a vedere solo le cose negative della nostra vita e a non notare quelle positive.
Quello che ho notato è che gli eventi di celebrazione delle high school o college esteri sono eventi collettivi, organizzati dalle scuole stesse e non eventi privati di ogni famiglia o gruppo di studenti.
La scuola, gli insegnanti e lo staff sono parte integrante di questo successo e celebrare insieme è quindi una cosa naturale, almeno nella mentalità anglosassone.
Perché è importante celebrare con gli altri i successi per la crescita personale degli adolescenti?
Ti racconto un aneddoto personale.
Quando ero all’università, come per tutti, capitava di avere voti alti agli esami e voti meno alti.
Ricordo per esempio che ad un esame presi 28, e non 30 come mi aspettavo.
Rimasi deluso.
Per consolarmi, ricordo di aver pensato “Vabbè, è solo un esame”.
Per abitudine mentale, guardavo a quello che non avevo ottenuto (il 30) e non all’ottimo voto (28) che avevo preso.
Quel “è solo un esame” era un messaggio negativo a me stesso, che avevo appreso da altri a mia volta: avevo fatto il mio dovere di studente, avevo passato un altro esame.
Nessuno mi aveva insegnato a pensare che non tutti gli studenti riescono a completare un esame dopo l’altro, non tutti prendono 28, che non tutti si laureano.
Con la mia professione, aiuto adulti e ragazzi a capire che anche i risultati piccoli, e quelli “intermedi” come un esame o il fine anno scolastico, vanno riconosciuti e celebrati.
In questo modo, li custodiamo dentro di noi, e la consapevolezza di ciò che abbiamo raggiunto si radica dentro di noi. Diventa qualcosa di positivo a cui aggrapparci anche durante i momenti difficili futuri.
Ho scoperto che nel Regno Unito alcuni asili e scuole elementari festeggiano, con tanto di cerimonia collettiva con toga e cappellino, i giovani studenti che completano un ciclo di studi o un singolo anno, fin dall’asilo.
Questo fenomeno fa sollevare qualche sopracciglio oltremanica. C’è chi dice che si rischia di banalizzare i risultati importanti. Che ne pensi?
No, non si rischia di banalizzare.
Capisco che, con l’occhio delle vecchie generazioni, celebrare la fine della scuola elementare o la promozione a fine anno possa sembrare esagerato, quasi superficiale.
Io però sono favorevole.
Genitori e insegnanti che riconoscono ciò che figli e studenti hanno ottenuto, la promozione o un bel voto che sia, li aiutano a creare abitudini positive.
Queste abitudini creano un ancoraggio emotivo positivo, che si rafforza attraverso la condivisione della notizia positiva e la celebrazione della stessa.
Nel lungo periodo, abituano i bambini prima e gli adolescenti poi a diventare adulti che sanno riconoscersi il merito di ciò che fanno, e ne rinforzano l’autostima.
Nel tempo, il riconoscimento del piccolo o grande successo diventa un sistema auto-premiante, che non necessita più di celebrazione esteriore, ma mantiene il riconoscimento di quanto ottenuto.
Non c’è differenza, quindi, tra il grande evento di Graduation della scuola americana e la cena in famiglia per festeggiare la promozione di uno studente che ha sempre voti alti?
Hanno lo stesso valore: fermarsi a riflettere su ciò che si è ottenuto, sulle difficoltà superate e su cosa si è imparato dalle difficoltà stesse, sottolineando però l’aspetto positivo, e non quello negativo.
I giovani che crescono in una famiglia d’origine in cui le conversazioni sono sempre negative e con approccio iper-critico, avranno grande difficoltà, da adulti, a riconoscersi i meriti di ciò che ottengono. E smetteranno persino di festeggiare il proprio compleanno da grandi!
Viceversa, imparare l’attitudine al riconoscimento dei propri successi, predispone ad un approccio positivo alla vita adulta, e aiuta anche ad affrontare nella giusta ottica le difficoltà e i fallimenti della vita.
Non serve sempre una celebrazione in grande: offrire una colazione speciale ad un amico perché abbiamo avuto un’ottima occasione lavorativa, o abbiamo consegnato in tempo la tesi di laurea hanno lo stesso valore.
La condivisione dell’esperienza positiva genera positività per noi e per altri. E ci consente di instaurare un sistema auto-premiante anche individuale.
Mi fai pensare alla difficoltà che abbiamo, noi liberi professionisti, di concederci un giorno libero, e il senso di colpa di non lavorare mai abbastanza.
È un buon esempio. Imparare a premiarsi o quantomeno a darsi una pacca simbolica sulle spalle a fine giornata è importantissimo, rafforza la nostra autostima e riduce la frustrazione e la delusione quando qualcosa non va come vorremmo.
Una giornata che inizia male, per esempio, non è che un unico episodio su 24 ore! Non vuol dire che tutta la nostra vita va male!
Tornando al mio lavoro, e quindi alle esperienze di studio all’estero, io cerco sempre di preparare i miei studenti a pensare a vivere l’esperienza per come viene, e a valutarla in prospettiva dopo mesi, se non anni, successivi al rientro.
E qualora non andasse come speravano, cerco di stimolarli a pensare che è comunque un’esperienza che lascia qualcosa di positivo, anche se sul momento non lo vedono.
Per che cosa, secondo te, gli studenti che studiano all’estero e i loro genitori rimasti in Italia possono particolarmente essere orgogliosi e celebrare?
Secondo me, già l’aver preso la decisione di permettere al proprio figlio di partecipare ad un’esperienza all’estero è un qualcosa di cui essere molto orgogliosi.
Mandare via – anche a grande distanza- un figlio per il suo bene è una delle scelte più difficili per un genitore.
Allo stesso modo, saper gestire l’ansia e la preoccupazione di non poter essere presente come sempre in caso di difficoltà, è un merito da riconoscersi.
Infine, aver saputo supportare il figlio in questa esperienza è un atto enorme di amore ed è un successo già in sé.
Per gli studenti, aver scelto di mettersi in gioco, per un periodo breve come quello estivo, un trimestre scolastico o più a lungo, è un successo in sé e va celebrato come tale, perché richiede una grande dose di coraggio.
Quello che va celebrato è il percorso affrontato, l’impegno per l’obiettivo, e l’aver avuto le risorse interiori per provare a raggiungerlo.
In questo modo, l’adolescente crea degli ancoraggi per la propria autostima, che lo aiuteranno a costruire sicurezza in sé stesso, e una maggiore apertura al futuro e alle opportunità che si presenteranno.
Così termina la mia conversazione con il dott. D‘Alessio.
Cosa ne penso io?
Penso che riconoscere i propri successi quotidiani sia fondamentale. E che se da piccoli non ci è stato insegnato, non è mai troppo tardi per imparare, come abitudine giornaliera.
Un roseto di solito fiorisce, ma non è scontato che ce la faccia.
Parassiti, intemperie, incuria, troppa acqua o poca acqua, terreno sbagliato. Mille fattori possono impedirne la fioritura o addirittura la sopravvivenza.
E quando fiorisce, è un segnale di rinascita, di una nuova fase, di primavera, e lo riconosciamo e celebriamo.
Per me, una piantina domestica che fiorisce è un grande successo che mi piace condividere, con foto sui social e inviate agli amici.
Allo stesso modo, dovremmo celebrare i piccoli e grandi successi degli adolescenti, ripercorrendo insieme le intemperie della vita che hanno dovuto affrontare per arrivare fino a lì.
Sono le loro fioriture, per niente scontate, e solo notandole possono rinforzarsi e continuare a fiorire anche da adulti.
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International Educational Consultant e Orientatore per percorsi di studio all’estero in scuole superiori e università e vacanze studio.
Aiutare gli studenti a trovare il percorso di studi all’estero più adatto alle loro aspirazioni è quello che amo del mio lavoro.
Non concordo con chi definisce i “giovani di oggi” in modo negativo. Dietro insicurezze, atteggiamenti baldanzosi o silenzi, si nascondono sogni, progetti e potenzialità tutte da scoprire.
I miei interessi spaziano dalle lingue straniere all’interculturalità, alle neuroscienze e la pedagogia, la didattica, la psicologia, il marketing, l’arte.
Il bello di questo lavoro è anche che tutto ciò che imparo in modo autonomo mi “aiuta ad aiutare” in modo più consapevole.
Su questo sito web e blog condivido idee e informazioni per le famiglie e gli studenti interessati a intraprendere un percorso di studio all’estero.