Come lavorare all’estero ha cambiato la mia vita. Vi racconto la mia esperienza.
Lavorare e vivere all’estero ha cambiato la mia vita.
Mi ha resa una persona più consapevole, più aperta e più forte. Stare lontana dalla vita di sempre mi ha messo in contatto con parti inesplorate di me stessa, oltre che del mondo. Soprattutto, ha allargato il mio sguardo.
Non mi riferisco tanto ai viaggi. Certo, anche quelli sono importanti, ma qui voglio parlare di quelle esperienze in cui mi sono messa in gioco in modo più pieno e ho vissuto la quotidianità in un posto nuovo.
Sono Simona, vivo a Napoli e me ne vado in giro con le tasche piene di pezzetti di mondo.
Tutto è iniziato quando, a 24 anni, ho scelto di partire come cooperante. Sono stati anni preziosissimi, che ancora mi porto addosso come parte essenziale di me.
Sono stati luoghi in cui ritorno anche solo con il pensiero, per ricordarmi chi sono.
Simona Eco
Project Manager | Web copywriter
Perché ho deciso di partire come cooperante?
Quando ho deciso di partire, mi sembrava l’unica scelta possibile. Sentivo che era la mia strada, ma intraprenderla non è stata una scelta facile. Sì, perché partire per studiare o lavorare all’estero è uno di quei sogni che seduce e terrorizza contemporaneamente.
Durante gli anni del liceo e poi dell’università, sentivo spesso il desiderio di andare. Volevo impegnarmi per un mondo più bello, scoprire realtà diverse, conoscere altre persone, parlare un’altra lingua. Solo che non sapevo come fare e soprattutto la mia voglia si scontrava con un sacco pieno di paure.
La verità è che avevo sempre vissuto in un mondo “quadrato” e io invece avevo tanta voglia di girarci intorno e di cambiarlo.
Finalmente, a 23 anni, neolaureata e piuttosto inconsapevole, mi si è presentata l’occasione per creare scompiglio. Ammessa ad un Master in Sviluppo Internazionale, mi bastarono poche settimane per sentire crescere dentro di me la spinta a dedicarmi alla cooperazione.
Furono settimane di dubbi e timori.
C’erano tanti “ma” nella mia testa: ma poi sarò sola, ma poi non capirò nulla di quello che dicono, ma poi sarà sicuro, ma non ho mai preso un aereo. Ma c’era un ma più forte: quello di una strada che non potevo fare a meno di prendere.
Senza dubbio, riconosco la fortuna degli incontri giusti. Sono grata ai miei compagni e alle compagne di master: amicizie preziose, cariche di energia, conoscenza e voglia di fare. Forse nemmeno lo sanno, ma con il loro esempio mi hanno presa per mano e mi hanno accompagnata alla soglia della mia vita.
E così, quel famoso e temutissimo anno 2000 è stato per me un anno cruciale: l’anno del cambiamento, uno di quegli anni con un prima e un dopo, uno di quelli che ti prendono e ti capovolgono.
Le paure prima di partire
Le mie paure non sono svanite subito e forse mai del tutto, ma con l’esperienza ho saputo di potercela fare.
Le lunghe partenze si portano dentro sempre un trambusto interiore, fatto di panico e di entusiasmo, di nostalgia e curiosità. Iniziano con una tumultuosa lentezza e finiscono con la voglia di continuare a partire.
Da subito, ho scoperto piccoli e grandi trucchi per prepararmi ogni volta alla partenza:
- Imparare anche solo poche parole della lingua del luogo mi ha sempre spalancato sorrisi.
- Cercare contatti di persone del posto: questo mi ha consentito di trovare persone pronte ad accogliermi, cosa che ricordo con molta gratitudine.
- Accettare la stanchezza e quel senso di spaesamento iniziale mi ha abituata alla pazienza e all’ascolto. Ci vuole tempo perché un posto diventi casa, sebbene abbia scoperto che per qualche forza fortunata e misteriosa certi luoghi sono casa da subito.
- Prendere il lato buono delle paure mi ha consentito di essere cauta nella giusta misura. Andare all’estero significa comunque esporsi sempre un po’. Sapere di non conoscere ancora bene le dinamiche locali ci aiuta a fare attenzione. Anche questo è parte dell’esperienza.
C’è una paura che allora non avevo: sbagliare strada. Quella leggerezza di fondo, quel fluire è una sensazione a cui cerco sempre di tornare, tutte le volte che la perdo.
Perché consiglio di fare un’esperienza all’estero
Consiglierei di fare esperienza all’estero a tutte le persone che ne hanno voglia.
Che sia per un anno accademico all’estero, per fare l’università, per una vacanza studio, fare volontariato o lavorare, partire per vivere all’estero ti cambia e ti dà quel tocco in più che ti resta appiccicato addosso per tanti motivi:
- arricchire il cv,
- imparare una nuova lingua,
- diventare persone più consapevoli,
- aprire la mente.
Trovarsi lontano dalle aspettative e dalle persone di sempre ci consente di conoscerci meglio.
Tante volte, soprattutto durante le mie prime esperienze, mi sono quasi stupita di me stessa. È una specie di reset, un modo per prendere le distanze anche da sé e ritrovarsi meglio.
Sono convinta che un’esperienza all’estero per i ragazzi sia utilissima a farsi un’idea più chiara del percorso accademico e professionale che si vuole intraprendere, ma ho conosciuto persone di tutte le età che hanno preso coraggio e si sono portate lontano.
A dirla tutta, rientrata a Napoli nel 2007, con la voglia di attivarmi sul territorio, ho iniziato a lavorare per promuovere viaggi di volontariato internazionale.
Mi sono trovata a parlare con tante persone con la voglia di fare un’esperienza all’estero.
Ho ascoltato i loro dubbi, ho sentito i loro timori e le ho viste tornare diverse, con un’idea più chiara di quello che volevano.
Alcuni hanno intrapreso quel percorso professionale o accademico desiderato, grazie ad un CV arricchito.
Tutte mi hanno raccontato di come l’esperienza all’estero si rifletta nel modo di vivere e di pensare.
Come è cambiata la mia vita dopo le mie esperienze all’estero?
Di quegli anni, mi porto dentro una forte consapevolezza interculturale, una grande capacità di adattamento ed uno sguardo empatico e curioso.
Fare esperienza all’estero ha cambiato certe piccole grandi abitudini, mi ha restituito il valore delle cose e soprattutto mi ha allenata all’ascolto.
Non ho mai smesso di cercare l’incontro con l’altro e promuovere un senso di cittadinanza globale.
Adesso, sono impegnata in progetti di inclusione sociale e mi meraviglio di come ci sia sempre spazio per uno sguardo più ampio.
Ecco: una delle cose che mi è rimasta dentro è girare intorno alle cose per guardarle da tutte le prospettive possibili.
Ma c’è di più.
Una cosa speciale che ricordo di quegli anni è la mia forte motivazione, la consapevolezza di stare dove volevo stare. Quella motivazione ispira le mie scelte. Sono cambiata io, sono cambiate le situazioni, è cambiato il mondo, ma cerco sempre dentro di me quella spinta.
Ed è proprio quella spinta che mi ha portata a dedicarmi alla scrittura: ho in cantiere un blog in cui raccontare realtà belle e innovative, soprattutto del Sud.
Cosa direi alla me stessa di allora?
Ripenso spesso alla me stessa di allora e ne vado fiera. Non è stato tutto perfetto, fino ad un certo punto le mie scelte sono state condizionate. Ho rischiato di trovarmi incastrata in una realtà che non sentivo mia, ma alla fine la vita è stata generosa con me.
Però c’è una cosa. Durante gli anni dell’università, sono andata veloce e c’era quasi tempo solo per lo studio. Non mi sono fermata nemmeno quando non mi sentivo più in linea con i miei studi.
Invece adesso ai ragazzi suggerisco di non lasciarsi sopraffare dalla paura della scelta giusta o del tempo che non basta mai.
Va bene fermarsi, cambiare strada, va bene rallentare, laddove non è mollare. Va bene anche impiegare più tempo per concludere gli studi, ma raccogliere intanto esperienze e consapevolezze.
Ogni tanto fermarsi per prendere aria e respirare stelle.